Gli esami di abilitazione hanno un senso?

Gli esami di abilitazione hanno un senso?

L’interrogativo sulla validità degli esami di abilitazione per accedere alle professioni legali è diventato oggetto di discussione in seguito alle trasformazioni e agli eventi che si sono susseguiti negli ultimi anni.

In particolare, l’esame di abilitazione alla professione di Avvocato è al centro di controversie e proteste che mirano alla sua abolizione, tuttavia, finora, non sono stati raggiunti risultati tangibili in tal senso. Nel 2021, il numero di avvocati iscritti era di 241.000, ma nel 2022 si è registrato un saldo negativo di quasi 2000 unità tra iscrizioni e cancellazioni(fonte: rapporto Censis sull’avvocatura ), ovvero si iscrivono meno avvocati di quanti se ne cancellano.

Le ragioni di questa diminuzione degli iscritti all’Ordine sono principalmente attribuibili alla scarsa clientela, probabilmente causata dal grande numero di professionisti presenti sul mercato. Questo motivo, quindi, porta a considerare totalmente superfluo l’esame di abilitazione per questa professione.

La situazione è leggermente diversa per gli esami di abilitazione per la carriera in magistratura. In questo caso, il magistrato è un pubblico ufficiale con retribuzione e carriere garantite dallo Stato, ma la preparazione per superare tali esami spesso è affidata allo studio individuale, che non sempre porta ai risultati desiderati. Recentemente, è emersa la notizia che la metà dei candidati all’ultimo esame di abilitazione ha deciso di ritirarsi a causa di una prova particolarmente difficile.

Ricordiamo inoltre, che il magistrato, deve avere una preparazione a 360 gradi in quanto, nel corso della propria carriera, andrà ad occuparsi delle materie più disparate.

Riassumendo, ci sono alcuni elementi cruciali che richiedono attenzione. La professione di avvocato è una libera professione soggetta alle regole di un mercato in continua evoluzione. Pertanto, secondo la nostra opinione, questa categoria dovrebbe rispondere a requisiti di elevata e costante preparazione professionale, come richiesto dal mercato stesso, che è l’unico organo di selezione della professione.

Inoltre, a nostro parere, la qualifica di avvocato dovrebbe essere raggiunta all’interno del percorso universitario, con una riforma di quest’ultimo che consenta agli studenti di uscire preparati per lavorare autonomamente senza dover ricorrere alla pratica forense. È stimato, infatti, che il tempo medio per accedere alla professione di avvocato, a partire dall’iscrizione all’università, sia di 9 anni, un periodo eccessivamente lungo al quale si dovrebbero aggiungere i tempi necessari per stabilizzare una clientela. Quest’ultimo aspetto è strettamente legato al livello di preparazione del professionista.

Per quanto riguarda la magistratura (non trattiamo volutamente la carriera notarile, poiché segue in gran parte le sorti dell’avvocatura), riteniamo che gli esami di abilitazione siano necessari, se non indispensabili, data la delicatezza del ruolo che si andrà a svolgere. Tuttavia, anche in questo caso, le carenze del sistema preparatorio universitario sono spesso evidenti. Non è un caso che chiunque decida di affrontare tale esame spesso si affidi a percorsi formativi privati, più che agli avvocati stessi (qui una breve audio guida su come sceglierli).

In conclusione, possiamo rispondere alla domanda: hanno senso gli esami di abilitazione? Per l’avvocatura, sicuramente no. Tuttavia, per quanto riguarda la magistratura, la risposta è sì, ma con alcune considerazioni.

Associazione Nisaba